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-Maria Assunta-

Raffaele Persichetti, Professore di storia dell’arte. Liceo Visconti, Roma 1941-1942

Io, prima di tutto, sono Maria Assunta e sono nata nel 1925, quindi ho 98 anni. Quindi la mia tarda età mi permette di ricordare il professor Persichetti, che è morto nel 1943.

Quando lo ha conosciuto?

Credo di averlo conosciuto nel nell’anno ’41-’42, perché è venuto ad insegnare nel liceo Ennio Quirino Visconti.

Io all’età di 15 anni, perché ero un anno avanti, e sono andata a quella scuola. Il primo anno abbiamo avuto un sostituto, e nel secondo anno, non mi ricordo bene quando, è arrivato questo professore che naturalmente noi ragazzini pensavamo che fosse il più grande. Ho visto poi che era molto giovane.

E comunque un professore un po’ particolare perché era appassionato della sua materia e quindi ci faceva delle lezioni spiegando con molta cura e molta fantasia anche. Allora quello che posso raccontare è che nell’anno, nel primo anno, a un certo punto io ero in classe con mia sorella più grande, il preside l’ha chiamata in segreteria e c’era con lei degli altri alunni, delle altre sezioni e sono entrati uno alla volta e c’erano dei fascisti i quali gli hanno fatto delle domande pressanti sul professore, domandandogli se parlava di politica. Evidentemente a mia sorella avevano detto di non parlare, quindi lei non aveva dato importanza. E poi dopo è uscito fuori anche questa storia.

Quindi, evidentemente l’avevano già tenuto nel mirino. Allora io mi ricordo molto bene il terzo liceo perché lui era vestito da ufficiale dell’Esercito italiano e stava facendo il militare e delle sue lezioni fantastiche io me ne ricordo una, perché era una lezione un po’ particolare, perché lui univa la letteratura all’arte, facendo delle assemblanze. E questo era un po’ qualcosa di diverso dal solito.

Infatti, penso che mi sia rimasto nella memoria perché quel giorno lui ha parlato di Baudelaire, che è uno scrittore francese ed il quale ha messo in evidenza lo spleen che lui diceva era la malinconia che c’era nei suoi scritti e ha citato a memoria una certa poesia della quale io mi ricordo la prima strofa. Allora: “Rubens, fleuve d’oubli, jardin de la paresse, Oreiller de chair fraîche où l’on ne peut aimer

Questa. E poi ci sono altre terzine con molti dei pittori del passato e lui ha parlato molto, tant’è vero che per me è sembrata una cosa straordinaria. Però io Baudelaire lo conoscevo perché avevo studiato il francese e quindi già sapevo chi fosse. Poi, per caso, all’università e ho fatto un esame biennale di francese, il professore aveva scelto Baudelaire.

Quindi sono ritornata sullo stesso argomento. Però, io mi ricordo, queste lezioni molto accurate. A lui piaceva parlare. Io adesso, se chiudo gli occhi, riesco ancora a vedere la classe, stavamo sotto il porticato, l’ultima classe a sinistra, ed era pieno di sole quella mattina. E chi lo sa perché, questo ricordo mi è rimasto impresso. Però poi dopo, quando è successo l’8 settembre, è stata per tutta la città, almeno per le mie esperienze, un silenzio assoluto.

La radio trasmise il… come si chiama? L’armistizio firmato da Badoglio e poi silenzio. Le caserme sono rimaste aperte e questo io me lo ricordo perché poi io mi sono fidanzata con un ragazzo che, a casa sua era andato un contadino della campagna a farsi dare un vestito borghese per scappare a casa. Quindi non c’era nessun controllo. Però questi ragazzi, che poi ho visto che eran giovani, hanno deciso di impedire ai tedeschi di entrare in città.

Perché Roma era città aperta, perché Pio XII, dopo quei bombardamenti che sono stati anche una serie, aveva ottenuto dal mondo una particolarità che Roma, nella parte centrale, non fosse bombardata. Perché lui diceva: “c’è lo Stato Pontificio che non fa parte dell’Italia e quindi potete correre il rischio di danneggiare qualcosa di molto importante. Allora avevano detto che Roma era città aperta, quindi i militari erano fuori città.

All’interno della città c’erano soltanto gli uffici, perché non si può dire che non fosse piena di tedeschi. Però allora io non so perché. E chi glielo ha detto che i tedeschi stavano venendo da Ostia con i carri armati. Allora questo gruppo di ragazzi, perché gli altri non so chi fossero, si sono appostati a Porta San Paolo. Perché venivano dall’Ostiense. Perché allora c’era che congiungeva a Roma Ostia, la famosa autostrada Roma-Ostia creata dal fascismo. E allora si sono accampati lì. Ma io adesso non sono sicura, ma credo che siano morti tutti perché naturalmente erano degli uomini o ragazzi coi fucili, non con le armi da guerra. E a un certo punto la loro resistenza, il loro sacrificio non è valso a nulla.

Allora poi se ne è parlato e siccome era io ero uscita dal liceo a giugno, questo è successo a settembre. Quindi noi eravamo freschi dei ricordi e quindi noi siamo rimaste colpite. Perché poi ho scoperto che quel pezzetto di strada, l’ultimo di via Marmorata che va verso via Ostiense è un pezzetto e si chiama via Raffaele Persichetti. E allora noi allievi del Visconti, in generale l’abbiamo notato là per là e c’è rimasto nel cuore. Infatti, a me è rimasto nella memoria la sua fecondità nel spiegare queste lezioni perché erano delle spiegazioni veramente ben fatte e molto fantasiose.

Questo ricordo è sempre molto vivo nella sua mente?

Sì, perché anche altri ricordi a me ritornano in mente non solo il ricordo, ma la figura. Perché io, se penso al professor Persichetti, ho la sensazione di vedere quella classe del terzo liceo, sotto il porticato piena di sole.