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Le cartucce del papà e i tedeschi urlanti

Sono nata nel 1937. Arquata del Tronto a Capodacqua, Arquata del Tronto, Ascoli Piceno. Voglio raccontare che ero bambina e giocavo con le cartucce che mio padre era cacciatore, faceva le cartucce a mano e io daje che aiutavo. Lo aiutavo a fa’ ste cartucce e alla sera ce mettevamo lì contente che je facevo ste cartucce. Poi dopo lui stava…  è dovuto scappa’ quando sono venuti i tedeschi. Se so’ nascosti dietro ai boschi perché altrimenti se portavano via le mucche, i cavalli.

C’avevamo le bestie come tutti gli altri. E loro stavano in campagna e portavano ste mucche lì. E noi stavamo con nonna, io e mia sorella, stavamo co’ mia nonna a casa ed ero bambina. Bambina, 7-8 anni quanto c’avevo. E so’ entrati due. So’ arrivati due. So’ arrivati due so’ saliti su casa. So’ voluti andà in camera. Hanno voluto visità la casa. Insomma… se volevano impiccià. C’era pure n’italiano in mezzo a loro. Dopo n’è venuto n’antro n’altro, un tedesco. Erano i tre e so’ saliti in camera.

Mo noi giochevamo co’ ste cartucce quann’erano vuote. Ch’erano.. che le doveva riempì. C’avevamo ‘na scatoletta delle scarpe con tutte ste cartucce dentro. Ragazzini ci giochevamo. Mo ce  stanno le palline, ce stà tutto, prima non ce stava niente. E allora giocavamo co ste… Hanno trovato ste cartucce, hanno cominciato: “Raus, raus! Munizioni!”. Non me le scorderò mai, guarda! Gridavano come i delinquenti, proprio! “Munizioni, munizioni! Raus, raus!”. Noi abbiamo cominciato a piagne io e mia sorella.

Lei era un po’ più grande de me. Allora mia nonna dice: “Ma no, guarda, questi, e il padre li trovano in campagna, li trovano per strada i ragazzini” dice “Noi assolutamente, siamo noi soli, non c’abbiamo nessuno”. E insomma, dopo finalmente noi piangevamo. Quello italiano… perché io lo avrei ammazzato. Piccolina com’ero. E ha detto “Va bene, annamo. Questi giocano, i bambini giocano e giocano” e l’ha portati via. Ma non volevano anda’ via. Pe’ quando… Un macello proprio!

Un’altra volta so’ venuti, so’ entrati dentro la stalla, lì, dove teniamo le pecore, le capre. Volevano… tutte le mattine venivano a piasse el latte e mia madre doveva mungere e loro se pijavano el latte. Ma già la guerra, lì da noi, già passavano e andavano via. So’ stati un po’ de giorni, poi se ne so’ andati. Io.. e la guerra, è finita lì per noi. Però, insomma dopo stavamo in campagna. Ho lavorato in campagna. Abbiamo… andavamo in montagna.

Avevate paura?

E ho pianto. Noi piangevano. Io e mia sorella strillavamo come… Mi’ nonna era grossa, portavano, hai visto, quelle gonne lunghe prima le…, c’attacchevamo alle gonne, strillevamo perché… dice: “Questi mo’ c’ammazzano!”. Che poi, noi dentro casa,  s’ammazzavano i maiali, s’ammazzava un po’ de tutto. Facevamo il pane sotto al forno, c’era una… una… come te la posso chiamà, una nicchia, diciamo, un vuoto, che noi ce mettevamo la legna quando se doveva accende il foco.

Mettevamo, lì mettiamo, pe’nni fà bagnà. E avevamo riempito lì de tutta de roba, de roba de mangià, de roba de maiale. Tutto lì dentro avevamo nascosto, tutto lì e murato davanti perché se no altrimenti loro frugavano a tutti… tutti impicci, tutti i locali. Basta che vedevano ‘na porta, dovevano anna’ a fruga’ dentro. E allora no’ avevamo nascosto tutto lì. E poi l’omini scappavano, se n’annavano in montagna, se no li portavano via tutti.
Infatti hanno preso tre ragazzi. L’hanno chiusi dentro a na stanza e se li so tenuti là. Poi dopo non lo c’hanno fatto, non lo so. E, insomma, hanno, hanno reclamato. Sono venuti l’altri, insomma, poi, poi l’hanno, l’hanno cacciati, l’hanno portati via, tutto là. E insomma è stato… è stato brutto perché, piccoletti, te vedi che…  Poi ‘na volta ridi, ‘na volta piangi. Ce stava uno c’aveva un somarello piccoletto, l’ha preso, sè ‘nnato via, l’ha nascosto giù dentro al mulino, dice “Ma mo’ che fai?” e dice “Io l’ho portato al mulino” dice “Bho! E mica lo potranno trovà!”.

S’annaveno pe’ bestie, perché hanno rubato a tutte le parti, ecco perché cercavano le bestie.
Da noi ce stavano tanti cavalli e tanti muli. E hanno, loro, hanno rubato, dove hanno trovato, hanno rubato biancheria. Infatti a noi c’hanno lasciato un sacco de biancheria in mezzo.. in mezzo a un terreno. A chi la voleva, no a noi personalmente. E, avevano portato tutta sta’ roba, e portavano i carri. E sti carri che ce volevano le bestie che li portavano. E allora cercavano… la gente li nascondeva perché se no i fii li portavano via. E da noi in campagna le bestie so’ quelle che contano perché so’ quelle che lavorano.

E, insomma, è stato un po’ particolare. Poi finalmente dopo se sono venuti via, è finita. Poi, dopo, a diciott’anni so’ cresciuta. Ho lavorato. A diciott’anni me so’ sposata e c’ho due figli, e poi a ventitrè anni so’ venuta a Roma.

 

Questi ricordi sono molto presenti nella tua memoria?

Sì, ce l’ho sempre presenti, e ogni tanto, quando rivedo le fotografie… A posta, dico, le dovevo porta’. Che le vedo, che c’è stanno ste foto de mio padre, cacciatore col cane. Che il cane l’ha portato a nasconde, se no se lo portavano… Se lo mangiavano! Se non volevano mangiasse una capra! Noi c’avevamo le capre, le pecore, no? E allora mamma je diceva: “Scusa. E io lo prendo il latte e te do’ il latte. Ma se tu te mangi la carne, il latte dopo non te lo posso da più!”.  Aò lo voleva sempre il latte!


“Ma se tu…” dice: “Ma questa noi mangiare, perché noi mangiare, noi fame!”. “Ma se tu te la mangi” un giorno gli disse “il latte, dopo io no te lo do più” e se la guardava come… voleva di’.. “E perché?”,  “Ma se questa l’mazzo do’ lo pijo il latte? E chi me lo da?”. Insomma, va be’, hanno fatto un macello!

I soldati erano tutti tedeschi?

Sì tutti i tedeschi.

Parlavano un po’ l’italiano?

S’arrangiano, se facevano capì però ce stava sempre un italiano in mezzo.

Infatti quel giorno che abbiamo fatto noi, che io piangevo, che volevano “Munizioni, munizioni”, lui, gridavano “Munizioni” o uno se stava zitto lì. Io dopo poi ero piccola. Che ce potevi capì, alle finalmente, ha parlato, ha detto parole italiane e me ricordo che nonna, dopo, diceva: “Sto disgraziato! Fijo de ‘na mignotta!” Oddio mo me stai a registrà pure questo! E dice: “Quello era proprio italiano, ma ja  detto niente che quelli ce volevano mena’!”. Perché volevano le munizioni.

C’era qualcuno noi nascondevamo, via. Loro cercavano solo quello. E volevano la roba. Volevano, volevano mangia’ volevano le galline, volevano le pecore. “Ammazziamo la pecora e facciamo una bella cena!” uno dice un giorno. “Ma che cena! ‘N se po’, non se po’ cena’ co quello no?” . Vabbe’ era.. la cosa sua era quella, e basta. Qui je importava proprio niente.

Poi sei sempre vissuta a Roma?

Io sì, vivo, vivevo a Roma, però io quando dopo ho lavorato. Poi quando stavo in pensione che avevo smesso da lavora’ coi ragazzi me n’andavo fuori.
Poi i ragazzi si erano sposati perché se ne so’ andati e io ero rimasta sola. Vedova pure, manco mi marito che era morto e quando d’estate, a aprile, me ne andavo fuori perché c’avevo la casa fuori, dove so’ nata, e so nata, e me n’annavo fuori e stavo fino a novembre, fino ai morti. Facevo qualche volta, ritornavo, però me stavo fuori perché stavo qui, che stavo a da’, da sola. E invece lì anche le amiche, e andavamo in montagna, andavamo a fa’ la passeggiata. Insomma, ci divertivamo parecchio.

Arquata del Tronto?

A Capodacqua, Arquata del Tronto. Arquata è comune, però è una frazione Capodacqua verso Forca Canapine. Non so se, se la conosci. Per me è la morte. Forca Canapine è l’amore mio. E io andavo pe’ funghi e la mattina mi alzavo alle 04:30 e andavo pe’ funghi con n’amica mia sopra Forca Canapine, e ci divertivamo così.

E il 16… 2016 eravamo uscite, sempre tra amiche, uscivamo a fare na passeggiata. Era l’una, dice: “Ma annamoce a dormi’, è tardi. Ormai” dice “andiamoci a letto”. Ci eravamo appena messe a letto… ha cominciato alle tre, io m’ero appena addormita. Ho sentito che ha fatto Trrrr. Oh! Sant’Emidio! Ho fatto io perché a noi Sant’Emidio è protettore no? E noi stiamo vicini a Sant’Emidio. Ho fatto: “Sant’Emidio! Un terremoto!”.
Me so’ coperta la testa, col cusci… col lenzolo, perché dico, mo’ di solito fa na scossetta e poi se ferma, ma… ma n’sè fermato proprio! Ha fatto tutta la notte, tutta la mattina. Poi dopo c’era mio figlio che mi chiamava, è passato. lui, stava all’altra casa, perché ciò quella che era de mi marito, stava de la, è passato, “Mamma mamma! Esci mamma esci!” E che facevo a uscì, le scale n’ce stavano più, e pe’ escì insomma è stato un po’… un po’ duro insomma. Ma poi finalmente… Ma poi il portone non me se apriva. E tira, tira il portone. E non s’apriva perché era cascato l’architrave e s’era incalcato il portone e n’sapriva più. Poi finalmente so riuscita e so uscita, insomma.

E ci hanno portati fuori al paese in mezzo alla strada. Fino alla mattina… alla mattina, il giorno dopo, ci so venuti da fuori e qualcuno, ce venuto a me e mio figlio, quell’altro c’è venuto a riprende, e ognuno è venuto a riprende i suoi, insomma.

Qualcuno, me e mio figlio, quell’altro, si è voluta riprendere, ognuno la riprende i suoi, insomma. Però siamo state fino alle quattro di pomeriggio e ogni tanto passava qualcuno. Dice: “Hanno ritrovato quello sotto le macerie”, ogni… 93 morti ce so’ stati, mica pochi! Col comune d’Arquata, 43 morti! Che ce sta’ Pescara, sempre d’Arquata, Pescara è distrutta. È annata a finì tutta giù la Salaria. Proprio non ci sta più! E manco noi, il paese nostro non ci stanno più.

Dicono che li fanno? Faranno? Ma! Io, casa… casa mia. E come sta qui, un pavimento è rimasto? E basta. Tutto qui.