Arrivano gli americani, Vieste 1945
Negli anni 1944 – 45 e quindi io avevo… sono nato nel ’38… avevo sei – sette anni e l’emozione nel vedere in presa diretta quello che succedeva in quel periodo è stato un ricordo incancellabile. Io dopo più di 70 – 75 anni, oggi ho ancora quelle immagini, cioè le immagini che passavano gli stormi degli aerei sopra le nostre abitazioni e tutti quelle che abitavamo fronte mare mettevamo dei lenzuoli bianchi in segno di resa per paura che questi sganciate dalle bombe e quindi vedere, abitando fronte mare, vedere anche dei piccoli scontri di combattimento.
Quindi sono sono state dei ricordi che ancora oggi, per me è come se fossero ieri, non sono mai riuscita a dimenticare queste queste scene. Dopo queste diciamo storie terribili. Poi c’è la fase, diciamo “quando arrivano gli americani. Mio padre che ha aveva una falegnameria. Arrivano questi jeep degli americani. Loro scaricano dei rotoli di tela di un colore verde particolare.
E mio padre doveva costruire il telaio in legno delle sdraio. Loro per, diciamo, pagare e invece di pagare in moneta ci pagavano con dei grossi barattoli di 4 – 5 chili di burro salato e di carne cosiddetta americana e per noi in quel periodo che si soffriva la fame, perché mio padre, per portare a casa una pagnotta di pane, andava la sera a lavorare in un forno e tornava a casa con una pagnotta di pane. E aggiungo ancora che in quel periodo mia nonna aveva un negozio e vendeva la pasta e il riso, il pane, la farina e io un ragazzino a sette, otto anni andavo da mia nonna con la tessera per avere, lei mi dava la pasta e riso il pane razionato e noi, pur essendo una famiglia numerosa, usa e che eravamo sei figli e quindi ci voleva.
Ma, sono dei ricordi… quello che io in questo momento trovo strano che io riesco a ricordarmi, farmi proprio nei minimi particolari, cioè mi sembra di vedere un film. Eppure sono passati più di 70 anni. Ma queste scene così dure, così crudele di guerra e poi di necessità alimentare, perché noi, questi doni degli americani, per noi era sopravvivenza questi doni. Ma più che dono era uno scambio di manodopera con dei doni. Erano dei barattoli da cinque chili rotondi e che ce li portavano nella falegnameria di mio padre e su un bancone loro poggiava 3 o 4 di questi barattoli.
E noi ragazzi, io di sei, sette anni, i miei fratelli un po’ più grandi, non vedevamo l’ora di aprire perché per noi era una grande curiosità. Che cosa c’è da? E quindi per noi era una gioia vedere che c’era la carne e c’era il burro salato che noi non sapevamo neanche, diciamo sia l’uno che l’altro, noi non sapevamo neanche che cos’era. Che cosa è allora? La curiosità di aprire e e poi assaggiare pure queste cose qua?
Come erano fatti?
Allora le scatole della carne erano di colore rosso, con delle scritte, ovviamente in inglese. E invece le scatole del burro salato erano di colore verde e quando si apriva si trovava questo colore dorato del burro e la carne somiglia ai wurstel di oggi. Diciamo. Ecco, questo era il contenuto e quindi la gioia era che si riusciva a mangiare qualcosa di diverso dalle patate, dal pane o dalla pasta che è quella che si poteva trovare in un paese in quel periodo, se non a mercato nero, ovviamente.
Mi ricordo che con il cucchiaio ecco delle cucchiaiate di questa e questa carne era morbida e questo sapore tanto strano che aveva secondo i nostri gusti pugliesi.
La falegnameria
Mio padre, che poi tra i diciamo suoi fratelli maschi, aveva scelto me per stare nella maglieria con lui e quindi io, ecco perché conosco questi particolari che la maglieria stava in una piazzetta che si chiama largo del seggio seggio perché c’era la sede comunale del paese e vedo arrivare queste jeep verdi degli gli americani e scendono. Questi americani scaricano questi rotoli come me, li portano nella bottega. E mio padre comincia subito a lavorare per costruire quei sdraia e il giorno dopo sono ritornati gli americani e hanno preso queste sdraio perché ormai la guerra era quasi finita. Però loro avevano le basi nel paese e questi Israele servivano per prendere il sole.
A noi invece il barattolo gli servivano per alimentarsi. Ecco perché ci siamo buttati con il cucchiaio ad assaggiare. L’impressione di vedere queste persone vestite ovviamente in un modo diverso che non conoscevo. Che cosa erano le divise militari?
Quindi, nel vedere queste persone in un vestito, in un modo diverso da noi, ma principalmente impressionava come parlavano, ovviamente, che io non li capivo. E questi atteggiamenti per loro quasi festosi, perché avevano liberato, perché avevano portato del benessere. E quindi questa impressione, questi personaggi che ho ancora oggi. Questo è quello che diciamo. Ecco ancora oggi come se io li vedessi successi un mese fa, Cioè non sono mai riuscito a dimenticare questi episodio della.
Quando ripensi a questi avvenimenti
Beh, diciamo che questi ricordi vengono fuori quando nei film, nella lettura, nella vita quotidiana, si affrontano questi problemi di guerra o di emigranti. Quindi sì, ci si associa, ma anch’io mi sono trovato. Ecco, oggi, recentemente l’attuale guerra scoppiata da poco e mi fa subire, mi fa ritornare, dico ancora dopo 80 anni succede lo stesso.
Cosa migliaia di morti oggi, migliaia di morti prima. E quindi ogni volta che si parla di migranti, ecco si associa il problema della fame. Il problema della sopravvivenza dei popoli. E mi dico ma qui dopo 80 anni non è cambiato niente. Quello che succedeva 80 anni fa succede con la civiltà. Anche oggi. Ma io quando vedo gli emigranti che sono costretti a spostarsi per avere una vita normale, vedo la mia vita da bambino che è uguale e quindi la cosa che mi preoccupa è che la civiltà non ha portato dei grossi miglioramenti su questi problemi. Bene.
È stato un periodo che mi ha colpito, prima di tutto la guerra che sappiamo anche oggi. Che cos’è? Ma quella che non si dice non riesco a convincermi. Come si poteva soffrire la fame in un periodo di guerra, trattandosi di un paese piccolino, di 13.000 abitanti. Quindi da una parte c’era il dolore della guerra, da un’altra parte c’era la necessità di alimentarsi.