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Uno stivale sulla tavola al posto del piatto

Sono nato il 16 settembre del 1939 a Centocelle, alla borgata Alessandrina, proprio precisamente in una casa che ricordo benissimo era un ultimo piano. C’erano due gambe, una cucina. Il bagno non lo ricordo, però la caccia la ricordo molto bene.

Qui sotto c’era un orto e un albero di pesche bianche che a un certo punto mi ricordo da bambina che c’era un tappeto di pesche bianche per terra e non si potevano mangiare e perché la padrona non voleva.

Com’era Roma allora?

Beh, non posso ricordare nulla perché il mio mondo era Centocelle, era la borgata alessandrina. Noi eravamo là. Poi, essendo quattro sorelle, la mamma era morta nel 42. Quindi c’era Baba che andava a lavoro e non rimaneva o rimaneva da sole. E mi ricordo un episodio che io una volta ruppi un piatto e mia sorella mise uno stivale sul tavolo al posto mio e mi disse che dovevo mangiare la pasta di dentro perché all’epoca erano molto preziosi.

Poi un vicino tiravo dentro lo sportello della cucina e mi arrampicava per prendere il pane. Ma ero bambina, ero piccola e ne buttavo sempre tutto addosso, compreso piatti, olio di fegato di merluzzo che puzzava a non finire. Questi sono i ricordi di Centocelle. E che una volta mi misero in finestra e io vidi un mare di elmi e un mare di carri armati.

Questo è il mio ricordo della guerra. Poi non mi ricordo più niente della guerra.

Quale sorella aveva messo lo stivale sulla tavola?

Si chiamava Silvana che è poi questa e lei era quella che cucinava perché papà non c’era. Aveva 14 15 anni. Era lei quella che cucinava. Io ero un peso piatto, ma non mi ricordo neanche il piatto. Però mi ricordo la tavola apparecchiata con i piatti che stavano per loro tre e a me ci mise lo stivale.

Se tu oggi mangi qua dentro e perché i piatti ce n’erano voi.

Com’era lo stivale?

Nero era mezzo stivaletto, questo grosso mezzo acqua, quello no, no, no. Dopo mi tolse la rabbia. Loro se divertirono troppo E dopo la dolce Mimì non mi ricordo che mi mise davanti. Però ha mangiato lo stivale, era o che ne so il dispetto, tanto per dire.


Ecco, comunque ecco, questi sono i miei ricordi d’allora che mi rimangono. Mi sono rimasti un po’ impressi un po’ così. E poi, quando siamo venuti qui all’82 a piazzale Marmolada e quando fu io mi ricordo l’Immacolata, la prima volta che mi ricordo avevamo due finestre di due stanze. Papà con i suoi fratelli mise da una finestra all’altra tutti i drink tra i botti e quando usciva uscivamo ad Onna.Li accesero e si accesero tutti. Poi mi ricordo quando fecero il voto, che diedero il voto alle donne. Io avevo 46 sette anni. Mi ricordo che la fila durava da alla scuola fino alle mura e portarono una signora. Questa è rimasta proprio impressa, tutta vestito di nero sulla barella e la portarono sopra la gente. La fecero entrare per farli lavorare. Ma era tanta gente. Questo mi ricordo della guerra. Dopo è diventato tutto più sereno, tutto più tranquillo. Ecco, tutto qua.

Il voto alle donne ti è rimasto molto impresso?

Sì, ci avevo sette anni. Sì, mi ricordo che stavo dritta vicino alla finestra. Non affacciava proprio perché me guido. Però stavo dritta davanti alla finestra e vedevo tutta questa gente e questa signora che portarono sulla barella per far lavorare il presidente nero.Questa. Tutto vero. Io lo odio, mi. Forse un po’ poco. Adesso. Vabbè, però capivo poco. Però vedendo tutta quella gente era una cosa molto importante. Poi mi ricordo un’altra volta che non solo c’era un prete, padre libero qui, che si dava da fare tanto per la gente. Insomma, per noi bambini andavamo a scuola, cioè a messa. La domenica ci davano un bigliettino e pagavamo di meno al cinema dei preti.Il timore però ero ragazzina. Poi, dopo la grande cose sono cambiate.

Che altro ti ricordi della guerra?

No, io non mi ricordo soltanto quel mare di elmetti e carri armati della guerra. Soltanto quello lo sai che cosa? Quando sono entrati gli americani, quando sono entrati gli americani, noi abitavamo qui al 119 a casa di nonno. E c’era tutto un corridoio giù al portone e ci diedero a me, a mia sorella, che eravamo di due anni di differenza.Io mi ricordo che ammettetelo, le ciambelle fatte a mia sorella gli diedero gli allora non ci avevamo niente a portarle e ci alziamo il vestitino per portarli a casa. Questo volto però della guerra proprio non c’è nessun rigore.

Eravate contente?

E si capirai che vedeva mai ciambelle all’arancia.

Questi ricordi ti ritornano spesso in mente o nei sogni?

E proprio nei sogni no, però nella mente io anche giornalmente, poi non so perché.

Adesso mi vengono più ricordi dei quei momenti, di quelle cose, magari stando a quella casa, i giochi che facevamo con mia sorella mi vengono più in mente. Adesso una figura scura, vicino a un comò che io ho riavuto adesso da poco. Garage di mia mamma lì vicino. Io non mi ricordo mia mamma, però mi ricordo una figura scura perché mia mamma è morta nel febbraio 42, quindi io avevo due anni e mezzo più di questo posso ricordare.

E papà mi ricordo papà era lui quello che pure Laura ha sofferto tanto, quello che rimane vedovo. Quattro figli in tempo di guerra, quattro ragazzine. Era uno scherzo, insomma. Ecco tutte le tutte.

 


 

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